L' ABC dello Champagne

L' ABC dello Champagne

Marco un mio affezionato cliente, è venuto a mangiare da me la settimana scorsa e a fine cena ha espresso il desiderio di accostarsi al mondo dello Champagne.

Ecco qui per te una miniguida per aiutarti a capire in modo veloce ed essenziale cosa si cela dietro ogni singola bollicina

Un vino Mistico divenuto Laico

La storia dello Champagne è una trama intessuta di eventi storici, miti e leggende. Le prime lodi sui vini di questa zona risalgono all’insediamento nella cattedrale di Reims del vescovo Rémi. Si narra che Rémi, dopo aver battezzato Clodoveo, primo re di Francia, nel Natale del 496, gli offrì una botte di vino che avrebbe assicurato al suo esercito le vittorie finché ne avesse bevuto. Di fatto questi vini, con un certo alone di miracolosità, accompagnarono il germoglio dello stato francese e conquistarono un posto d’onore nelle tavole dei potenti e nella celebrazione delle feste.

Tuttavia in quel tempo lo Champagne era ben lontano dal poter competere con i vini più famosi, ad esempio quelli della Borgogna. La sua storia parla di un combattimento rispetto alla propria natura. La spuma infatti lo rendeva, alle origini, un vino in un certo senso sbagliato. E come spesso accade anche nella vita di un essere umano, quando la lotta con alcune specificità del proprio essere cambia di segno e diventa valorizzazione, si trova la propria natura profonda e la propria ‘missione’.

Grazie al contributo fondamentale di Dom Pierre Pérignon, cantiniere nell’abbazia di Hautvillers nel 1668, si è cominciato ad affrontare il processo di spumantizzazione naturale in modo tale da far diventare le bollicine come un fattore seducente e un punto di forza.

Elementi fondamentali per l’evoluzione dello Champagne furono l’introduzione dell’imbottigliamento e del tappo in sughero per la chiusura ermetica della bottiglia. A questo proposito entrano in gioco gli inglesi e il paradosso sullo Champagne. Bisogna sottolineare che la maggior parte del vino prodotto in queste zone era esportato in botti e finiva per mussare a destinazione, ed effettivamente le prime testimonianze scritte della ‘mousse’ provengono proprio dall’Inghilterra. Risulterebbe merito degli inglesi l’intrappolamento della CO2 visto che la bottiglia a corpo grosso e collo lungo resistente alla pressione fu brevettata nel 1662 da Henry Golden e John Colenet.

È difficile parlare di un solo inventore dello Champagne; storia, natura, ragione e passione hanno insieme generato la storia di questo vino. Senza voler destituire nessuno, in un certo senso lo Champagne si è fatto da solo.

Ma perché i vini di questa zona tendevano a divenire effervescenti? Nessuno sguardo mefistofelico all’orizzonte, dietro la presa di spuma si nascondono situazioni climatiche precise e comuni a gran parte delle aree nordiche, anche italiane. Se la temperatura esterna si abbassa repentinamente mentre i mosti sono ancora in fermentazione, infatti, questa si interrompe, non riuscendo a trasformare tutti gli zuccheri in alcol. La fermentazione riprende in primavera quando le temperature cominciano a salire. Il vino riprenderà così a fermentare e l’anidride carbonica si scioglierà nel vino e provocherà la presa di spuma.

Nel tempo furono molti i detrattori dello Champagne: additato come vino eretico, per via di quella ‘mousse’ che illuminava gli occhi delle fanciulle senza far arrossire le guance, stregava gli animi. Un alone di mistero che ha forse contribuito alla grandezza del vino più famoso del mondo.

Prima vino e poi bollicine

Lo Champagne è prima di tutto un vino. I vitigni utilizzati sono principalmente tre: lo Chardonnay a bacca bianca; il Pinot Noir e il Pinot Menieur a bacca rossa, che costituiscono il 99% del vigneto champenois. Si possono utilizzare altre uve, che tuttavia sono presenti in quantità minima: Arbanne, Petit Meslier, Pinot Bianco e Pinot Grigio

Come si fa lo Champagne: il metodo classico

Per la produzione dello Champagne si utilizza il metodo classico, detto anche Metodo Champenoise; un processo lungo che prevede una doppia fermentazione, prima nei tini e poi in bottiglia.

Ma vediamo qualche passaggio importante:

  • Dopo la vendemmia, rigorosamente manuale per preservare l’integrità di ogni singolo acino ed evitare cessione di succo o perdita di colore, avviene la torchiatura. Al termine della spremitura e della pulizia del mosto dai residui avviene la fermentazione alcolica in acciaio o legno, a temperatura controllata di 16-20°. Dopo circa 3 mesi di contatto con le fecce si ottiene così un vin clair.

  • Momento di maggiore creatività per la produzione di uno Champagne è l’assemblage, una tecnica messa a punto già dall’abate benedettino Dom Pierre Pérignon. Questo metodo consiste nel miscelare diversi vin clair da cru, vitigni e annate differenti – solo se non si tratta di millesimati. Da qui si ottiene la cuvée: questa è il frutto determinante del lavoro dell’enologo che, come uno chef vero e proprio, mescola gli ingredienti con tutti gli strumenti a disposizione, definendo la personalità dello Champagne.

  • Una volta assemblato e aggiunti zuccheri e lieviti, inizia la seconda fermentazione o presa di spuma; segue l’affinamento a contatto con i lieviti, fondamentale per dare allo Champagne le note aromatiche. A questo punto, dopo il contatto con i lieviti avviene il remuage, manuale o meccanico. Il processo consiste nel ruotare le bottiglie di qualche millimetro ogni giorno per far scivolare i depositi nel collo della bottiglia. Raggiunta la posizione verticale, con il collo verso il basso il deposito verrà rimosso tramite il dégorgement o sboccatura.

  • Nella fase conclusiva, verrà aggiunto un Liqueur de dosage o d’expédition, composto spesso da zucchero di canna disciolto nel vino, in dosi variabili a seconda della tipologia di vino prodotto:

doux più di 50 g / l
demi-sec tra 32 e 50 g / l
sec tra 17 e 32 g / l
extra dry tra 12 e 17 g / l
brut meno di 12 g / l
extra brut tra 0 e 6 g / l
pas dosé o dosage zéro con una concentrazione inferiore ai 3 g / l

Cuvée sans année e millesimati: cosa significa?

La produzione dello Champagne prevede due grandi categorie: cuvée sans année, risultato di vini di annate diverse, oppure millesimé, espressione di una sola annata e risultato di uve di una o più varietà coltivate in un solo cru o in cru diversi, anche distanti tra loro.

Sono previste inoltre cuvée da sole uve Chardonnay provenienti da vigneti differenti, dette Blanc de Blancs, e cuvée ottenute con Pinot Noir, con Pinot Menieur, o dell’insieme dei due, dette Blancs de Noir. Se dall’assemblage si cerca di ottenere una cuvée d’eccellenza, si parla di Cuvée de Prestige.

Quali sono le zone di produzione dello Champagne ?

Le cinque aree di produzione della Champagne sono:

 ▫️  Montagne de Reims
 ▫️  Côte des Blancs
 ▫️  Vallée de la Marne
 ▫️  Côte de Sézanne
 ▫️  Aube

Le più importanti sono le prime tre che si trovano tutte nelle vicinanze di Reims ed in cui si trovano tutti i 17 comuni Grand Cru.

Nella Montagne de Reims si coltiva prevalentemente Pinot Nero e Pinot Meunier con una piccola parte di Chardonnay

Nella Côte des Blancs si coltiva quasi esclusivamente lo Chardonnay

Nella Vallée de la Marne domina invece il Pinot Meunier

La Côte de Sézanne, più a sud rispetto all’area principale dà prevalentemente Chardonnay

Nell’Aube si coltiva quasi esclusivamente Pinot Nero

Tipologia e caratteristiche delle uve per la produzione di Champagne

🟢  Chardonnay

Lo Chardonnay è, all’opposto del Pinot Noir, è cremoso, caldo e con frutta secca e non finire. Se lo Champagne è prodotto con solo Chardonnay viene chiamato Blanc de Blancs.
Lo Chardonnay rappresenta il 31% e si tratta di un vitigno vigoroso e precoce, particolarmente adatto ai terroir con gesso affiorante tipico della Côte des Blancs, e conferisce allo Champagne una grande freschezza.
I vini a base di Chardonnay sono caratterizzati da aromi delicati, note floreali, agrumate, talvolta minerali. È un vitigno ideale per i vini da invecchiamento.

🟢  Pinot Noir

Il Pinot Noir è il protagonista assoluto, il più nervoso e pungente e viene vinificato sia in bianco che rosato. Gli Champagne fatti solo con Pinot Noir sono chiamati Blanc de Noirs. Il Pinot Nero, spesso descritto come delicato, dona corpo al vino, quella struttura avvolgente e strutturale. Aggiunge anche deliziosi aromi alla miscela.

🟢  Meunier

Il Meunier rappresenta il 31% delle uve coltivate in Champagne. Questo vitigno vigoroso è meno colpito dal gelo rispetto agli altri due, grazie al fatto che le sue gemme si aprono più tardi. È quindi adatto a terreni più argillosi, come quelli della Valle della Marna, e a condizioni climatiche più rigide. Il suo nome deriva dal colore biancastro della parte inferiore delle foglie giovani e dei germogli, che evoca il bianco della farina. Apporta rotondità ai vini di Champagne, e le tipiche note sono di vini morbidi e fruttati che si sviluppano un po' più rapidamente nel tempo, caratterizzati da aromi di frutti gialli.

I comuni classificati come Grand Cru

Ambonnay, Avize, Aÿ, Beaumont-sur-Vesle, Bouzy, Chouilly (solo per lo Chardonnay), Cramant, Le Mesnil-sur-Oger, Louvois, Mailly, Oger, Oiry, Puisieulx, Sillery, Tours-sur-Marne (solo per il Pinot Nero), Verzenay e Verzy.

Attenzione alle sigle nel retro etichetta !

Se noti bene nel retro della etichetta esistono delle piccole sigle che rivelano informazioni preziose, molto utili ad un acquisto consapevole

Scopriamole insieme:

C.M. (coopérative de manipulation) – Riceve le uve dai coltivatori aderenti alla cooperativa ed elabora lo champagne, verrà rivenduto con il suo marchio oppure sotto il nome degli aderente (vedi anche RC.

M.A. (marque d’acheteur o marque auxiliaire) – Quando la marca non appartiene a chi elabora lo Champagne ma appartiene all’acquirente (es. Fauchon, Maxim’s). Può trattarsi anche di una marca ausiliaria rispetto a quella principale, elaborata per esigenze particolari o commerciali dell’acquirente o del venditore. Preferibilmente da evitare.

N.D. (négociant distributeur) – Un negoziante che acquista, etichetta e commercializza bottiglie elaborate dal venditore.

N.M. (négociant-manipulant) – Indica un produttore che acquista uve, mosti o vini e quasi sempre coltiva anche propri vigneti, elaborando Champagne in locali di sua proprietà. In questa categoria rientrano le grandi maison famose nel mondo.

R.M. (récoltant-manipulant) – Chi coltiva le proprie vigne, raccoglie le proprie uve ed elabora i propri vini. Si tratta di un gran numero di produttori, solitamente medio-piccoli, che producono e commercializzano circa un terzo della produzione totale di Champagne.

R. (récoltant) – Chi coltiva le vigne e fa elaborare da altri per poi commercializzare in proprio.

R.C. (récoltant-coopérateur) – Chi coltiva le proprie vigne e conferisce le uve ad una cooperativa che elabora e commercializza, oppure dalla quale ritira l’equivalente delle uve consegnate sotto forma di vino o bottiglie da commercializzare in proprio. È legale senza essere intellettualmente onesto.

S.R. (société de récoltants) – Vigneron della stessa famiglia che si sono uniti per mettere in comune le uve ed elaborare il vino, usufruendo di più ampie possibilità di assemblage e di commercializzazione. Dispongono anche di infrastrutture (pressa, vasche, attrezzature) in comune.

Come bere lo Champagne: bicchiere e temperatura

In passato la coppa era lo strumento più appropriato per sorseggiare lo Champagne dolce (come era un tempo), inoltre disperdeva più rapidamente le bollicine poco gradite alle donne inglesi. Quando gli inglesi imposero il loro gusto dello Champagne secco, si cominciò a usare un bicchiere più stretto. La flûte negli anni è stata proposta come bicchiere ideale per lo Champagne.

A oggi tutto però dipende dal vino: per uno Champagne esile e giovane, può andar bene anche un bicchiere con un’apertura non particolarmente accentuata, che permetta alle note olfattive di solleticare rapidamente il nostro olfatto.

Uno Champagne di struttura più nobile e complessa invece, ha bisogno di un bicchiere più ampio in cui una maggiore presenza di ossigeno riesca meglio a liberare le sostanze volatili.

Altro fattore importante è la temperatura: bere uno Champagne gelato come un sorbetto di fine pasto è un errore. A basse temperature la percezione degli aromi si attenua a causa dell’effetto anestetico sulle papille gustative. La temperatura ideale è 12/13°.

clicca qui ==> BOLLICINE E CHAMPAGNE